La camera dell'eco
- Daniel Love

- 5 giorni fa
- Tempo di lettura: 3 min

Numero 11
Perché il lusso sta perdendo la sua voce.
Avete notato che le voci un tempo distintive del lusso stanno iniziando a confondersi? Ciò che era unico ed esclusivo è diventato una camera dell’eco. Vediamo le stesse palette visive attenuate, le stesse estetiche sfocate e, soprattutto, le stesse parole.
È un paradosso curioso: in un’epoca in cui tecnologia e dati ci permettono un targeting quasi chirurgico, la comunicazione dei marchi più elevati sta convergendo verso un vocabolario unico e “sicuro”. Ecco perché.
L’illusione della comunicazione
Non è semplice pigrizia; è l’illusione di comunicare nell’era digitale.
I brand, timorosi di perdere una tendenza, si stanno appiattendo su un linguaggio generico, dettato da algoritmi e analisi della concorrenza. Inseguono un’“estetica iper-levigata” fino a eliminare qualsiasi traccia di autenticità. È un esercizio di avversione al rischio — la paura di essere l’unico marchio a non suonare esattamente come il leader del mercato.
Ma nel tentativo di parlare a tutti, i brand finiscono per non parlare a nessuno. Questa strategia riduce l’engagement invece di aumentarlo, perché l’autenticità, alla fine, è tutto.

Le prove dell’eco
L’uniformità non è nemmeno sottile: è diventata la cifra dominante delle recenti campagne del lusso.
Toni smorzati: Basti pensare alla tendenza onnipresente del “quiet luxury”. Sebbene sia stata strategicamente brillante per alcuni, la sua adozione di massa ha portato innumerevoli maison — dai marchi più discreti alle vecchie icone del massimalismo — a rifugiarsi nelle stesse palette beige e tortora, nella stessa tipografia minimalista e nel logo quasi invisibile. Diventa davvero difficile distinguere una campagna di Brunello Cucinelli dal lookbook stagionale di The Row.
Affaticamento linguistico: Il linguaggio utilizzato nei vari settori, che si tratti di un annuncio di Aston Martin o di un comunicato stampa di Cartier, appare sempre più esausto. Ogni prodotto viene descritto con gli stessi termini vaghi ma altisonanti: “artigianalità senza compromessi”, “eredità senza tempo”, e la promessa di un’“esperienza ineguagliabile”. Queste parole hanno perso valore perché ormai sono aggettivi universali, non veri fattori di distinzione.
Campagne nostalgiche: L’estetica dominante nelle campagne di alta gamma oggi mostra spesso una musa “celebrity” sola, statuaria, che guarda malinconicamente verso uno spazio vuoto, perfettamente illuminato. Il focus sull’atmosfera, invece che sulle peculiarità del prodotto, dà vita a storytelling evocativi… ma del tutto intercambiabili.

Smettere di riflettere il mercato
Per rompere questo ciclo, il lusso deve ricordare il suo scopo: essere eccezionale.
Il vero lusso non è conformismo. Richiede una strategia di comunicazione realmente su misura, mirata e, soprattutto, autentica rispetto all’eredità unica del marchio. Il tuo brand merita una voce che sia soltanto sua, non una copia annacquata della scelta “sicura” di un concorrente. Il problema più grande della comunicazione nel lusso è l’illusione che un approccio generico funzioni ancora.
Non funziona. Sii il capolavoro, non il moodboard.
Prendi esempio da Burberry, Schiaparelli e La DoubleJ, veri outsider che stanno sfidando lo status quo.
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Alla prossima volta
Daniel
Consulente di marca | Redattore di contenuti | Sviluppatore digitale

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